SECONDA CATEGORIA GIRONE B – PER LA VETRINA CAPITANI SARDI – INTERVISTA A EFISIO PORCU DELLA MONREALE.
Amici di Calciomercatofacile oggi i nostri microfoni virtuali si aprono per ascoltare Efisio Porcu, capitano di lungo corso della Monreale di San Gavino e bandiera di una squadra tornata nei ranghi dopo il periodo d’oro in cui ebbe l’onore di disputare i campionati di eccellenza e promozione.
1) Ciao Efisio, ci dici qualcosa sulla tua militanza nella Monreale e sulle motivazioni che ti hanno indotto a restare fedele ai colori del tuo paese?
Come avete premesso non ho mai abbandonato San Gavino nella mia decennale carriera agonistica dalla quale ho ricevuto tante soddisfazioni avendo indossato la maglia della Monreale da titolare dall’età di 17 anni come fuoriquota e poi vivendo il passaggio dall’epoca delle vacche grasse a questo periodo di magra e di ristrettezze economiche. Ricopro il ruolo di centrale di difesa e attualmente sono fuori per un infortunio serio occorsomi alla prima giornata di campionato e che probabilmente mi terrà lontano dai campi di gioco fino al prossimo mese di gennaio se non febbraio. In passato ho avuto l’opportunità di trasferirmi in altre squadre come per esempio al Selargius ma alla fine la componente lavorativa ha prevalso su tutto il resto in quanto ho sempre cercato di vivere la mia esperienza calcistica in maniera molto serena rinunciando a palcoscenici più accattivanti nel momento in cui una decisione del genere avrebbe comportato lo sconvolgimento del mondo a me vicino. Voglio essere chiaro e sostenere che magari ne avrei avuto un tornaconto in termini di immagine nonché dal punto di vista economico ma probabilmente avrei dovuto rinunciare al mio lavoro che mi consentiva e consente di vivere e far vivere la mia famiglia. Se il lavoro e la famiglia hanno rappresentato un elemento importante non di meno si può dire che fattore decisivo sia stato il mio attaccamento alla maglia e all’ambiente familiare sempre vissuto in casa Monreale.
2) Le tue parole e la tua filosofia mi portano a farti una domanda che in tanti si son fatti. Ovvero, San Gavino come tanti altri paesi della Sardegna senza distinzione fra nord e sud, hanno sperimentato un periodo florido in cui le risorse economiche disponibili consentivano di allestire squadre di tutto rispetto capaci di mantenersi su livelli di eccellenza. Da almeno un decennio invece assistiamo ad un declino ma più che un declino ad uno stato di sofferenza di società gloriose che un tempo dettavano legge sui campi sardi. Perché è accaduto tutto ciò?
Non voglio qui fare nomi ma per ciò che è stata la mia esperienza, a San Gavino in passato la presenza di un tessuto industriale fiorente ha senza dubbio favorito l’espressione calcistica ai massimi livelli grazie ai contributi che da quel settore provenivano, nel momento in cui invece quel mondo è crollato è venuta meno la solidità di tutto ciò che girava intorno e di cui il calcio ha rappresentato una delle tante propaggini. Ma quello che è accaduto a San Gavino penso si sia verificato anche altrove, sostenuto dal poco interesse che oggi suscita il calcio dilettantistico e in un contesto dove un imprenditore o chi dispone di somme di rilievo non se la sente più di investire nel pallone perché forse non garantisce più il ritorno di immagine di un tempo.
3) Di riflesso mi viene spontaneo chiederti un parere molto generico sui compensi che si ricevono in campionati dilettantistici che hanno raggiunto livelli incomprensibili se consideriamo che si tratta pur sempre di dilettanti. Puoi esprimere un giudizio trovandoti dalla parte del calciatore?
Non nego che oggi girino cifre fuori logica anche per atleti di prima categoria e che si va ben al di là del semplice rimborso che con le dovute eccezioni dovrebbe caratterizzare la carriera di un dilettante. E’ anche vero però che se ci sono giocatori che chiedono cifre irragionevoli ci sono i dirigenti pronti a fare ponti d’oro pur di raggiungere i massimi risultati sportivi ma che in tal modo si allontanano dallo spirito dilettantistico che dovrebbe vigere nei campionati minori.
4) Sappiamo che ti occupi anche dei bambini piccoli e dai una mano d’aiuto a chi segue coloro che stanno cominciando col calcio. Ma nel vedere giocare un bambino quali sono le caratteristiche che lo individuano come “uno che ci sa fare?”
La qualità che fa la differenza è in primis il tocco di palla che a mio parere costituisce una dote innata, mentre grossa importanza riveste la postura e il modo di correre che poi influenzano altre importanti caratteristiche come il giocare a testa alta e il capire la possibile evoluzione di un’azione di gioco. Ma la difficoltà più grande per un istruttore, oltreché la correzione di un’impostazione di base che nei più appare scorretta è il dover gestire le ansie e le aspettative dei genitori che spesso e volentieri entrano in maniera impropria nelle decisioni tecniche.
Non nascondo che a complicare ulteriormente il nostro compito ci siano anche tante problematiche che influiscono sul rendimento di un ragazzo, la sua volubilità, i cambiamenti di umore e la scarsa capacità di affrontare i sacrifici quando è il momento di “cambiare marcia”.
5) Per finire ti chiedo: “cosa possono fare le società per non perdere i propri giovani?”
Purtroppo, oggi in molte società il risultato conta più di qualsiasi altro scopo, per questo motivo si ha paura di gettare nella mischia i più piccoli perché poi possono incidere negativamente sull’andamento della squadra. Ma fino a quando i più piccoli, i ragazzi con margini di crescita verranno sacrificati sull’altare delle promozioni e dei risultati da raggiungere ad ogni costo, continueremo ad avere società che magari per un paio d’anni vivranno di luce riflessa ma che poi sono destinate a sgonfiarsi quando la realtà le porrà di fronte a scelte sbagliate.
Con questo appello al giusto riconoscimento dell’importanza del settore giovanile e in particolar modo della necessità di voler privilegiare l’elemento locale come ancora di salvezza per le società si chiude la chiacchierata con Efisio a cui auguriamo un pronto ritorno sui campi di calcio e di continuare con una carriera che senza dubbio lo appaga ma che sentendo i pareri di chi lo conosce sarebbe potuta essere ancora più ricca.